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MAURI

No. Scorre veramente nelle taverne, ora, que- sto fiume. Ma io non bevo! — E sono tante notti, cara zia Ernestina, che non dormo più. Mi sento gli occhi, sa come? — qua, questi due archi delle ciglia — sa, gli archi di certi ponticelli che acca- valcano la rena, i ciottoli d’ un greto asciutto, arido, pieno di grilli? — Così! — E ce li ho qua, davvero, negH orecchi, due grilli maledetti, che stridono, stridono da farmi impazzire! — Ah, posso parlare, posso parlare, ora, davanti a lei! E parlo anche bene — no? come quand’ ero in campagna, là, che m’ esercitavo nell’ oratoria, sperando d’ esser promosso PubbHco Ministero, e imbussolavo i temi e mi mettevo a improvvisare ad alta voce, tra gli alberi : — Signori del- la Corte, Signori Giurati... — Parlo, parlo, mi scusi, perchè non posso fame a meno... Ho una smania qui, nello stomaco... Mi metterei a gridare, dalla gioja... — La vedrò! — Fulvia le ha certo parlato di me.

ZIA ERNESTINA

No! Mai! — Io non so chi siete!

MAURI

Non è possibile, scusi, che non le abbia detto che tentò d’ uccidersi, or è un anno.

ZIA ERNESTINA

Questo sì, me lo disse.

MAURI

E non le parlò di me?