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Entrano il SIGNOR CESARINO e la SIGNORA BARBERINA. Due tipi buffi : quello, fino fino, calvo, ma pure con molti capelli, tutt’ intorno al cranio e sugli orecchi, candidissimi e rigonfi. È paonazzo dal gran sole che ha preso, venendo a piedi. Perduto in un abbondantissimo abito nuovo di seta cruda, evidentemente ta- gliato e cucito dalla saggia moglie, ha ripiegato da piedi non solo i calzoni, ma anche sui polsi, più d’ una volta, le maniche, anche per il caldo, che gli fa tenere un gran fazzoletto, bagnato di su- dore, in mano. La signora Barberina, atticciata e balorda, sem- pre in apprensione per la svolazzante vivacità del marito, veste un abito chiaro, d’ una chiarezza che strilla sulla sordità pesante della sua bruna carnagione pacifica, e ha un vistoso cappellino di paglia a sghimbescio, che le sta proprio un amore.
SIGNORA BARBERINA
(dalla comune) Permesso?
FULVIA
Avanti, avanti, signora Barberina.
SIGNORA BARBERINA
Riverisco, signora.
SIGNOR CESARINO
(inchinandosi, sbracciandosi) Signora genti- lissima...
FULVIA
(facendo le presentazioni) — Mi permettano. Il signor Cesarino Rota, maestro di musica di Livia, e la signora Barberina, sua moglie. — La signorina Califfi — prozia di Livia.(Inchini da una parte e dall’ altra) Si accomodino, prego.
SIGNOR CESARINO
Che caldo! che caldo, signora mia... Qua è una delizia! — La polvere!