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SCENA

Una sala della Pensione Zonchi: vasta sala di vecchia casa a cui l’intonaco nuovo non riesce a mascherar la vecchiaja. Un ampio e alto uscio a vetri nel mezzo lascia scorgere la scura saletta d’ingresso, che ha in fondo, a sua volta, un usciolino aperto sulla scaletta dell’orto, di cui sí vede il piamerottolo con la ringhierina di legno verde, scolorita. Lo sfondo, oltre questa ringhierina, è di cielo, e luminoso, perchè la casa sorge alta sul colle e da quel pianerottolo si gode la vista della grande vallata e si domina la via che da essa sale al colle, girandolo due volte.

L’uscio a vetri, chiuso, non lascia più intravedere la saletta d’ingresso, perchè a una certa altezza ha sui vetri una tendina dí mussola celeste, goffa e nuova, fissata rusticamente alle bacchette.

Nella sala, il solito arredo delle vecchie pensioni di provincia, disposto con meticolosa simmetria. Una stufa di porcellana; un canapè d’antica foggia, con poltroncine e seggiole imbottite, adorni di cuscini e ricamini fatti in casa; una mensola non meno antica con un grande specchio dalla grossa cornice rameggiata e dorata, coperta da una garza celeste, ingiallita, a riparo delle mosche; vasetti con fiori di carta; una cantoniera con ninnoli di vecchia majolica; oleografie volgari, un po’ annerite, alle pareti, e un’antica pèndola che batte le ore e mezz’ore con un languido suono di campana lontana.

Usci laterali a destra e a sinistra.

Chiara mattinata, sulla fine d’aprile.