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e l’uomo. Per dir delle prime, io ben so, che la Religione è un dono celeste, che vien concesso al dotto ed all’idiota, e che sovente rende quest’ultimo più caro agli occhi di Dio, che non il primo: ben so, che alcuni ingegni prevaricati, invece di usar la loro ragione per correre la via del raziocinio in tutela di quella fede, che ci viene infusa dalla grazia soprannaturale, e proveniente, ne abusarono deplorabilmente per farle oltraggio; ciò non ostante io son d’avviso, che un matematico, in cui la Religione è già fondata, può talvolta dalle sue cognizioni trar dei conforti per corroborarsi in quella credenza, ch’egli professerebbe anche senza questi estranei aiuti, giusta il detto del santo dottore d’Ippona: quaero, Domine, non intelligere ut credam, sed credo ut intelligam.

A far qualche cenno in prova di quest’ultima asserzione, io ti richiamo, o Uranio, alla mente le nostre idee intorno all’infinito. „L’unità (dice Pascal, nei pensieri) aggiunta all’infinito, non l’accresce di nulla, non più che un piede ad una misura infinita; il finito s’annichila in presenza dell’infinito, e diviene un puro nulla: così pure il nostro spirito al cospetto di Dio: così la nostra giustizia davanti alla Divina.„ Quest’idea è famigliare al matematico: per addurne