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i confini della scienza, e tutta la corrono a passi di conquista: dunque nelle matematiche più che altrove, per ciò che si è detto, è facile argomentare l’esistenza di una Sapienza infinita, rispetto a cui ogni nostra s’impicciolisce, e si perde. Se io m’affatico su calcoli penosi per giungere dopo molti stenti a trovare una verità: tu dunque vi sei, o Mente infinita, che miri di un solo slancio ogni vero! Se m’accorgo, che un metodo è migliore dell’altro, e che tutti insieme non sono, che mezzi, per aiutar la mia debolezza: Tu esisti, che senza aiuto indiretto possiedi l’evidenza in ogni cosa. Quando veggo una moltitudine di teoriche, che si raggruppano spesso in una più generale, risalgo col pensiero a quell’Unità semplicissima, che tiene il cumulo di tutte le cognizioni. Oh! quante volte nella complicazione delle funzioni analitiche incluse le une nelle altre, io mi formo nell’immaginazione una speculazione indefinita, di cui non posso tenermi, che nei principii! Chi tutto vedrà quest’immenso edificio, se non una intelligenza interminata? Quante volte m’accorgo dell’infermità del mio spirito, che per aver idee chiare delle cose bisogna, che consideri le quantità parte per parte nei loro diversi stati sino ai valori numerici! Te dunque venero, o sommo intelletto, la cui