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sarà concesso da chiunque sulle prime si ponga meco d’accordo nelle due proposizioni seguenti. La prima è che ogni qual volta noi veggiamo in alcuni esseri una progressione nei gradi dei loro perfezionamento siamo naturalmente portati a immaginarne altri in cui quelle prerogative siano maggiori: fino ad un ultimo in cui esse siano nel loro massimo grado. Infatti l’accennata progressione, mentre ci avverte della possibilità di un aumento, ci fa conoscere quegli esseri per sempre mancanti e limitati nelle loro perfezioni: e questo non cessa mai, finchè non si arrivi all’idea dell’Essere infinito, cui nulla manca e nulla si può aggiungere. L’altra asserzione è che per quella progressione argomentando dagli esseri finiti le perfezioni dell’Essere infinito, viene la nostra mente a formarsi di quest’ultimo idee di tanta dignità e grandezza, quanta non avrebbe per sè sola potuto subitamente conoscere senza giovarsi di quel mezzo.

Questo premesso, quanto è mai facile, o Uranio, che le nostre contemplazioni ci facciano scala a Dio! Nelle matematiche più, che in ogni altra provincia delle umane cognizioni, riesce lucida la gradazione di teorema in teorema, di scoperta in scoperta, di metodo in metodo: e si veggono tratto tratto sorgere degli ingegni straordinari, che rimuovono