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suaderti delle molte assurdità, a cui tali formole conducono, non hai che a leggere la 4ª Memoria delle Rifl. crit. del Ruffini.

Io insisto, e domando su questo punto tutta l’attenzione, che possono meritare le mie parole. La più forte ragione, onde mostrare l’erroneità dell’applicazione del calcolo delle probabilità alle cose morali, sta appunto nella falsità di quelle forme di funzioni, che si assumono per iscrivere le questioni. Questa falsità è di tal natura, che è facilissimo illudersi sulla medesima: anzi essa non può a meno di fuggire alla vista di chi è poco esercitato nelle applicazioni dell’analisi. Dissi primieramente, che è facilissimo ad illudersi, perchè in ogni applicazione del calcolo nelle matematiche miste la verità di quelle forme non si conosce intuitivamente, ma per lo più è raccolta sopra un gran numero di casi particolari assoggettati ad osservazioni, e sperienze: e però come in affare di puro ragionamento è facile smarrire alcuno degli elementi in mezzo alla loro moltitudine, e così persuadersi per vera una forma, che non lo è. Non sono ignoti gli esempi di qualche legge fisica, che da principio creduta in una maniera, fu poi trovata diversa. Stettero lungo tempo circolari le orbite de’ pianeti: poi si rinvennero elittiche: poi si rico-