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zabili le differenze, che passano fra esse, e le prime: di più si esige di tener d’occhio nell’andamento del calcolo ogni altra quantità piccola, che cadendo in denominatori, in esponenti negativi, altrove può coll’essere trascurata da principio produrre errori gravissimi. Su questi due ultimi punti non hanno con che soddisfarci i difensori della contraria sentenza.
Ma io vado più innanzi, ed aggiungo, che significando in generale per mezzo di lettere quelle cose, che ora dicemmo non potersi mai ridurre a numero, non è nemmeno possibile trovare il modo di combinare queste lettere, onde formare le formole dell’algebra. E per verità ognuno, che nelle applicazioni del calcolo astratto è per alcun poco esercitato, conosce, che prima di occuparsi dei valori, bisogna occuparsi delle forme, nelle quali soltanto stà espressa la vera natura della questione, e per le quali le quantità incognite risultano dalle cognite sempre allo stesso modo, quantunque ne’ diversi casi de’ problemi simili, diversissimi siano i valori numerici di queste ultime. Il filosofo, che pensa di scrivere in calcolo l’andamento di una curva già formata, ovvero di un attuale movimento della natura, non pone da principio il pensier principale sui valori numerici delle quan-