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bilità, e vedrai in quali traviamenti si viene, seguendo calcoli di erronei principii; leggi, e poi mi dirai quale sia più libera, e sovrana di sè, o la mente del porporato filosofo ivi più volte citato, che passa sulle questioni colla più invidiabile drittura, e franchezza de’ raziocini, o quello di lui, che s’arrabatta nel laberinto delle sue formole senza il coraggio di cavare da quei viluppi la sua ragione.

La mia proposizione è presentemente ridotta a provare, che nelle applicazioni alle scienze morali non può l’analisi matematica trovare il modo di scrivere le questioni nel suo linguaggio, se non per supposizioni gratuite, che rendono dubbii, anzi di loro natura erronei i principii, ai quali s’appoggiano i calcoli: dopo ciò, e dopo quanto qui sopra si è detto, sarà del tuo senno, Uranio, dedurre prontamente le conseguenze. Entrando nel soggetto, io trovo, che in due diverse maniere si può cercare di vincere la lite; la prima facile e già nota; la seconda più difficile, e forse non per anco ben conosciuta. Accennerò brevemente la prima, perchè un Geometra assai valente se ne è servito con felice successo nello stesso argomento: mi tratterrò più a lungo ad indicare quale sia l’altra strada, per la quale un pensatore di me più