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tità, alle quali nelle applicazioni possa essere rivolto. Quindi è che ogni applicazione delle matematiche si risolve in fine ad applicare i metodi d’una o dell’altra delle due nominate analisi: e quantunque dicasi talvolta di applicare la Geometria, o la meccanica; se questo facciasi solo per via di confronti, o di similitudini, è ancora l’opera del semplice ragionamento; e se si passi a significare i teoremi, e i principi di quest’ultime scienze, di nuovo abbisogna il linguaggio del calcolo. E convenendo di non potere a rigore chiamare matematica ogni applicazione dell’analisi logica, benchè vestita di modi, e di termini propri delle scienze esatte; rimane che la seconda delle due analisi è propriamente l’unico stromento per fare qualsivoglia applicazione matematica. Io perciò credo di non restringere la generalità della mia prima asserzione, se mi limito a mostrare l’impossibilità di applicare il calcolo alle scienze morali.

Questo calcolo, che tanto t’innamora, o dolce mio amico, è, non v’ha dubbio, un ammirabile ritrovamento, che grandemente onora l’umano ingegno: ma il suo dominio quantunque sì esteso, è pur sempre terminato su tutto ciò, che è quantità. Qui solo può quello trovare un fondo sodo,