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in se stesse, e poi nelle opere de’ loro scrittori, per iscoprire se un tale studio possa qualche nocumento recare ai principii religiosi per divina bontà in noi radicati: tenterò questa volta, discendendo più al particolare, di esaminare una questione importante, la di cui trattazione gioverà a munirci contro uno scandalo de’ nostri giorni, nei quali vedemmo alcune obbiezioni della miscredenza vestita di quel linguaggio, e di quelle fogge, che io chiamai nella mia lettera per se medesime innocenti. Essendo gravissimo l’argomento, e sottile la disputa, non potrò a meno, o amico, di gravarti talvolta lo spirito con astratte, e poco amene considerazioni: ma di ciò fare io mi credo in diritto presso chi non rifugge dalle spine dell’alta Geometria.

Fuvvi già tempo, che essendo ancor fervida l’ammirazione per gl’insperati progressi, che in tutte le loro parti facevano le Matematiche, invase gli animi certa manìa di voler ridurre sotto il dominio di tali scienze ogni altra provincia delle umane cognizioni, fino ad imprigionare entro note tutte irte di cifre algebraiche le vivaci inspirazioni della musica, e a rendere schiave di figure poco intese alcune teoriche dell’arte salutare. Più posati pensatori i filosofi da noi per età meno lontani, riconobbero la vanità di quelle troppo ardite ri