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mentre tratta la marra o conduce la stiva, s’applaude, e si consola di sapere quest’arte, rimpetto alla quale disprezza forse in cuor suo, quasi un piatir di fanciulli, le dispute dei letterati. Dopo ciò vedesi il motivo, per cui il vero saggio debb’essere il più lontano dall’orgoglio della mente, e il meno alieno dal credere, che possa esservi un ordine di verità, cui il suo intelletto non può raggiungere o penetrare; avventuratamente l’esperienza ce ne fornisce luminosi esempli in Geometri di primo rango: dove un La-Metrie motteggiava, un Newton credeva; ed un Pascal adorava, dove un Voltaire bestemmiava. I cervelli indocili e caparbi trovansi in buon numero tra la turba de’ semidotti, simili alle spighe vuote di grano, che s’innalzano sopra le altre.
Ma io vado più innanzi, e dico cosa che sulle prime, o Uranio, ti potrà sembrare strana. Quando penso meco stesso a quel linguaggio, che odo di sì frequente, che la religione esige un sacrifizio della ragione, di quella ragione, la quale trionfa nelle matematiche, dove tutto è luce ed evidenza, non so persuadermene sì di leggeri, parendomi anzi che la mia ragione trovisi bene spesso nello studio delle matematiche in tali circostanze, ove la sua libertà non è maggiore di quando la Fede le