Pagina:Piola - Lettere di Evasio ad Uranio.djvu/115


109

quella improbabilità fu vinta: dunque questa potenza esiste; ed ecco il Creatore. Che poi avrebbesi a dire se volessimo sollevarci a considerar l’uomo nella sua parte più nobile, in quelle facoltà, tra le quali la sola memoria parve un così gran prodigio a Cicerone da fargli sclamare, che essa sola bastava a persuaderlo esservi nell’uomo qualche cosa di divino! Noi siamo, e viviamo sopra la terra: ma vi siamo noi e vi viviamo in ordine a quel fine, per cui vi ci ha posti il nostro Creatore? quale soggetto di meditazione e fors’anche d’interno rimprovero e di pentimento! Consoliamoci però, finchè resistendo ad ogni urto di falsa dottrina amiamo di studiare nel gran libro dell’universo quella sana filosofia, di cui in questo trattenimento abbiamo rilevato qualche tratto. Resta a proseguire in sì bella impresa, e a cogliere il miglior frutto; e dopo aver riconosciuto Dio meditando le sue opere, riconoscere ancora il suo dominio sopra di noi, i beneficii che gli dobbiamo, e i nostri doveri verso lui, e tra noi stessi. Ciò pure ci vien detto da Newton con quella sentenza, colla quale do termine: „Quatenus ex philosophiâ naturali intelligere possimus, quaenam sit prima rerum caussa, et quam potestatem et jus Ille in nos habeat, et quae benefi-