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Che già da l’alpi a noi scese inondando,
E franco il cor d’ogni paura, e un sordo
Vantava orecchio d’Acheronte al fiotto.
Forse d’egual tenor, disse, fu l’alto
510Portento, che al voltar mirò del sole
L’infelice Siòn: cocchj per tutto
Quel ciel ne l’aria roteanti, e in moto
Tra l’alte nubi gran falangi armate; 1
E tal fu quello, cui ne l’aspra pugna
515Vide, già nato il sol, d’Antioco il figlio:
Cinque su bei destrier ricco addobbati
Eroi dal cielo, e due di Giuda al fianco,
La Greca fulminando oste nemica,

  1. Così Giuseppe Ebreo nella guerra Giudaica al libro sesto. "Pochi giorni poi dopo la festa, correndo il ventuno del Mese Artemisio (Maggio), videsi un sopraumano spettacolo maggior d’ogni fede. E favola certo, come io credo, reputato sarebbe ciò che a dir vado, ove da testimonj di veduta non fosse narrato, e le succedute calamità non a que’ prodigj corrispondessero. Perciocchè sul tramonto del Sole comparvero per tutto il paese cocchj nell’aria e falangi armate che discorrevano per le nubi, e le cittadi cerchiavano." E prima avea già riferito quegli altri mostri che nel racconto si accennano, e de’ quali può vedersi anche Tacito nelle storie al quinto libro.