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Giunto, tra spesse nebbie avvolto e chiuso
365Vedesi, e il duce invan cerca de gli occhi,
E il chiama invan; che gli morìa sul labbro
Tra quei vapor la voce, o uscìa, com’esce
Da le nude ombre a Dite infranta e roca.
Or che farà? tutto a sue pelli in seno
370Si stringe, si raggruppa, e sopra un sasso
S’asside, al sasso indifferente: i dardi
Eran del freddo assalitor sì acuti,
Che il fiato a lui gelò tra labbro e labbro,
Qual se visto avess’ei quella Medusa,
375Onde impietrava ogni d’uom polso e vena.
E già morto vi fora, ostia a Sofia ,
Qual fu d’altri tra il foco in altri monti,
Onde infami son anco Etna e Vesevo;1
Ma dolce a un tratto meraviglia e nuova
380Non che a salvar, giunse a bearlo. In neve
La nube si disciolse, a se d’intorno
Vide nascer la neve: i fiocchi a un punto,
Mirabil arte, fur tessuti, e primi
I più alti vapori a ghiacciar furo,
385Rotto avendo da pria la nube in alto.
Un vento indi levò, che quella al basso
Spinse di balza in balza, ed ei si vide
Cinto d’una serena aria, che un Sole
- ↑ Empedocle, e Plinio.