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285M’ inganna, o ancora un popol sol di due
Veggio contra il comun nemico antico
Formarsi, e ancor su i trionfati mari
Del fier Tridente armar sola una destra.
E già quegli seguia più lieto in viso:
290Quanto io parlai sinor, vedesti, e tua
Fu ben ventura; ma più bello ancora
Cotal volta è il teatro: i varj oggetti
Pinti mostran talora i lor dintorni
De’ colori almi, onde la bella Nuncia
295Tesse l’arco piovoso, e il ciel rallegra.
E allor, più torni l’aria inerte e spessa,
Opra la Maga, che a que’ monti affida
Le magich’erbe, ond’escon gli olj e i sali,
Ch’osan trattare i campi aurei del cielo
300Furtivi, e da l’amica aria coperti;
E questa, a i caldi rai del Sol che monta,
S’agita, si dissolve, e rugiadosa
Venuta e luccicante, orna e ricinge,
Come brillanti gemme opra d’intaglio,
305Quanti oggetti appresenta, invidia e duolo,
Bella Nuncia di Giuno, in te destando,
Che accrescesti talor, se vero è il grido,
Di alquante lagrimette il tuo dolce arco.
E quello è il grande, e da non dirsi, o invano
310Dirsi, spettacol è; ma rado incontra,
E sol quando languente oltra l’usato
Mira e scontento il Vago suo l’Amica,