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Al cruccio e al mormorio de l’onda in moto.
Ma il fondo d’esso mar, che del cristallo
È la foglia o la polve, a far ben nero,
235Proteo là sotto il gregge muto aduna,
Mosso a tal da la Maga. E allor vegg’io,
Quanto è in ciel, pur ne l’onda, e sol che un legno
Ancorato sia qui, scorgo un’Armata,
E non mi bastan gli occhi, e invidio un Argo,
240E col pensier volo a quei dì che Roma
Questo medesmo mar contro una sola
De l’Isola città cuoprio di vele,
Che non conobber del ritorno i venti;
E a quei, tepidi ancor di civil sangue,
245Quando il giovin Pompeo quest’onda corse
Furioso così che furioso
Men vola su quest’onda il suo tiranno
Euro, superbo de i cavalli Eoi.
Qui tacque, e in se pensoso alquanto e fosco
250Stette; e da noi richiesto, in mente, ei disse,
Mi luce il foco marzial, ch’or arde
Tra l’Indo ed il Britanno in altri mari,
Ma che sul nostro mar tal manda infesto
Reverbero e stridor, che impaurito
255Da i porti vuoti, e da i tacenti scanni
Con l’oro in grembo, e l’Arti magre a tergo
Fugge il Commercio, alma de’ regni e vita,
Anzi vero motor del mondo tutto.
Ed io: l’uom sempre è uomo, e indarno ir vuole