IX. Le Leggi di Giustiniano sono tratte dalle
consuetudini, dalle Leggi del Popolo Romano,
dagli ordini del Senato di Roma, da’ Plebisciti,
dagli Editti de’ Magistrati, dalle Costituzioni
degli Imperadori, e dalle Interpretazioni de’
prudenti. Ora egli è sovente adivenuto, che di
quella medesima cosa, di cui avea già disposto per
cagion d’esempio la Legge del popolo, o il
Plebiscito, o il Senato, facesse anche una nuova
menzione, ed un nuovo stabilimento l’Editto del
Magistrato: e siccome la nuova Legge, ed il nuovo
Editto veniva fatto, e fondato su altri
principj, e differenti da quelli della Legge più
vecchia, così diverse dovevano ancora necessariamente
riuscire, che da sì fatti diversi principj in
avvenire si fosse per ricavare. Obbligo adunque dei
Compilatori da Giustiniano adoperati si era di
avvertire i sudditi fin dove si estendesse si l’una, che
l’altra Legge, e quali fossero le loro differenti
mire, quali conseguenze ne venissero, in che
s’accordassero, e disconvenissero, e quanto di più
nell’una, che nell’altra ci fosse. Ma essi hanno
mancato di fare tutto questo, e però hanno
cagionato agli interpreti delle Leggi un ben
grande imbroglio, da cui non si potrà liberarsi
giammai, finchè sussistano coteste Leggi. Secondo le
Interpretazioni de’ vecchi Giureconsulti, e giusta
le antiche consuetudini il venditore, che avesse
occultato un vizio della cosa venduta, era tenuto
a misura della qualità del vizio di ricevere
addietro la cosa dall’altro comprata col restituire il
prezzo da lei avuto, oppure di rendere dal denaro
ricevuto quel tanto, che per cagione del
vizio potesse la roba venduta valere di manco. E