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Leggi Romane. 87

sione. Ma essendo eglino di questo mestiere affatto ignoranti, hanno inventato i casi a loro capriccio. Ma queste invenzioni capricciose, benchè sottili fossero, sono però, come ognun vede, sprezzabili, assurde, ed inutili a ritrarre il vero senso dalla Legge. E però la Glossa è bensì piena zeppa di casi da’ Chiosatori a posta loro inventati: ma la maggior parte di quelli non fanno a proposito, e sono del tutto ridicoli. Per la qual cagione egli ha dovuto necessariamente avvenire, che questi Chiosatori trattassero di tutt’altra cosa, che di quella, di cui tratta la Legge: e che vi affingessero un senso tutto differente da quello, che avea in mente il suo autore.“

La confusione riesce ancora maggiore là, dove i Compilatori senza esprimere il caso hanno ricopiato la decisione di qualche Giurisconsulto, o di qualche Imperadore concepita in termini generali, benchè di ragione, e secondo la mente del suo autore non andasse intesa, che di quel caso solo, a cui allora mirava il decidente. Noi procuraremo di render questo coll’esempio più chiaro. Ella è regola certa, ed indubitata secondo il Gius Romano, che il mandato non sussiste, quando il mandante obbliga il mandatario a dover fare qualche cosa dopo la morte di esso mandante. Ciò viene chiaramente deciso nella L. 26. pr. D. Mandati, e nel §. 10. Instit. de Mandat. e ciò è parimente conforme all’analogia, ed agli altri principj del Giure Romano . Ciò però non ostante una Legge ritrovasi nelle Pandette, dove viene apertamente stabilito il contrario di quello, che or ora si è detto. Questa è la L. 13, D. Mand. vel


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