sione. Ma essendo eglino di questo mestiere
affatto ignoranti, hanno inventato i casi a loro
capriccio. Ma queste invenzioni capricciose,
benchè sottili fossero, sono però, come ognun
vede, sprezzabili, assurde, ed inutili a ritrarre
il vero senso dalla Legge. E però la Glossa è
bensì piena zeppa di casi da’ Chiosatori a
posta loro inventati: ma la maggior parte di
quelli non fanno a proposito, e sono del tutto
ridicoli. Per la qual cagione egli ha dovuto
necessariamente avvenire, che questi Chiosatori
trattassero di tutt’altra cosa, che di quella, di
cui tratta la Legge: e che vi affingessero un
senso tutto differente da quello, che avea in
mente il suo autore.“
La confusione riesce ancora maggiore là,
dove i Compilatori senza esprimere il caso hanno
ricopiato la decisione di qualche Giurisconsulto,
o di qualche Imperadore concepita in termini
generali, benchè di ragione, e secondo la mente del
suo autore non andasse intesa, che di quel caso
solo, a cui allora mirava il decidente. Noi
procuraremo di render questo coll’esempio più
chiaro. Ella è regola certa, ed indubitata secondo il
Gius Romano, che il mandato non sussiste,
quando il mandante obbliga il mandatario a dover
fare qualche cosa dopo la morte di esso mandante.
Ciò viene chiaramente deciso nella L. 26. pr. D.
Mandati, e nel §. 10. Instit. de Mandat. e ciò è
parimente conforme all’analogia, ed agli altri
principj del Giure Romano . Ciò però non ostante
una Legge ritrovasi nelle Pandette, dove viene
apertamente stabilito il contrario di quello, che
or ora si è detto. Questa è la L. 13, D. Mand. vel