rio, o straordinario gli appartengono: che il padre
non possa sostituire al figlio minore di anni
quattordici, se nello stesso tempo non fa anche il testamento
per se stesso: che se il testatore per isbaglio ha
chiamato il suo erede col nome di fratello, e che
fratello non fosse, allora l’eredità nè all’erede
scritto, nè a quello di cui certamente si sappia,
che il testatore intendesse, aggiudicare si debba.1
E per non restare sempre nella materia
testamentaria, che ciò troppo oltre ci menerebbe,
su mere sottigliezze son fondate queste decisioni
delle Leggi Romane; che servitù non si possa
dare, se vi manchi la causa perpetua: che il
padrone del fondo serviente non possa essere per
veruna maniera obbligato a dover egli medesimo
fare qualcosa in vantaggio del fondo dominante:
e che non sussista quella servitù, la quale non a
favore del fondo vicino, ma pel solo piacere, o
vantaggio del padrone di quello sia stata all’altro
fondo contiguo imposta.2 Una sottigliezza
iniqua contiene pure la Legge 17. D. Quib.
mod. usuf. amit. e basta il leggerla per iscoprirne
evidentemente il torto. Su sottigliezze, e
raziocinj storti sono ancora fondate quasi tutte
quelle risoluzioni degli antichi giurisconsulti,
che nel titolo de acquirendo Rerum Dominio sono
- ↑ Veggasi sopra tutto questo lo Schilter. Exer. 38. §. 79. seqq. et §. 105. et Exerc. 8. §. 38. seqq. Bynrers. Obser. Lib. 2. cap. 3. Thomas. in Scol. ad Posit. Huber. tit. de Cond. Instit. Posit. 2. Duaren. in Tit. qui Testam. fac. poss. et tit. de Hered. Instit. Pufendorf. Jus Nat. et Gent. Lib. 4. cap. 10. §. 8. et cap. 11. §. vet.
- ↑ Schilter. Exerc. 18. §. 2. 12. 13. Thomas. Dissert. de Servit. Stillic. §. 34.