ne. E per questo si mette ben sovente a lodare
Servio Sulpizio suo contemporaneo, il quale fu
il primo, che ardisse di rompere il ghiaccio, e
di lasciare le parole per seguitare la ragione,
l’equità, e lo spirito della Legge.
Ma Servio Sulpizio non potè trovare rimedio
a tutto, nè levare quelle sottigliezze, che già
aveano fatta radice; nè quei Giurisconsulti, che o al
tempo suo vissero, o vennero poi, erano tutti
dell’istesso sentimento per rispetto allo stare
attaccati alla ragione piuttosto, che alle parole. E
però essendosi i Romani da così gran tempo
assueffatti alle finte, ed inette sottigliezze de’ loro
Giurisconsulti, agevolmente avvenne, che si
tenessero per cose buone, e lodevoli, e che i
giuristi posteriori le accettassero, ed inserissero
nelle opere loro come regole, e massime incontrastabili,
e ragionevoli, e che il Senato, i Magistrati,
e gl’Imperadori ancora le riguardassero
come principj, e fondamenti, su di cui avessero da
piantare, e stabilire le nuove Leggi loro.
E pertanto giacchè il corpo delle Leggi Romane
composto è di rispofte e decisioni di Giurisperiti sì
fatti, e di Leggi fermate da’ Legislatori di queste
sottili, ed innaturali frascherie imbevuti, dovea
per necessaria conseguenza avvenire, che quella
Raccolta di Giustiniano riuscisse piena di sofistiche
regole, e di chimeriche decisioni. Scorransi
pure tutti i titoli delle Pandette, che sottigliezze
troveransi in abbondanza per tutto: massimanente
quando altri si voglia fermare sulle Leggi
appartenenti alle ultime disposizioni degli
uomini, che pur è la più importante, e più ampia
materia di tutta la facoltà Legale. Lunga, e te-