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Leggi Romane. 71

ne. E per questo si mette ben sovente a lodare Servio Sulpizio suo contemporaneo, il quale fu il primo, che ardisse di rompere il ghiaccio, e di lasciare le parole per seguitare la ragione, l’equità, e lo spirito della Legge.

Ma Servio Sulpizio non potè trovare rimedio a tutto, nè levare quelle sottigliezze, che già aveano fatta radice; nè quei Giurisconsulti, che o al tempo suo vissero, o vennero poi, erano tutti dell’istesso sentimento per rispetto allo stare attaccati alla ragione piuttosto, che alle parole. E però essendosi i Romani da così gran tempo assueffatti alle finte, ed inette sottigliezze de’ loro Giurisconsulti, agevolmente avvenne, che si tenessero per cose buone, e lodevoli, e che i giuristi posteriori le accettassero, ed inserissero nelle opere loro come regole, e massime incontrastabili, e ragionevoli, e che il Senato, i Magistrati, e gl’Imperadori ancora le riguardassero come principj, e fondamenti, su di cui avessero da piantare, e stabilire le nuove Leggi loro. E pertanto giacchè il corpo delle Leggi Romane composto è di rispofte e decisioni di Giurisperiti sì fatti, e di Leggi fermate da’ Legislatori di queste sottili, ed innaturali frascherie imbevuti, dovea per necessaria conseguenza avvenire, che quella Raccolta di Giustiniano riuscisse piena di sofistiche regole, e di chimeriche decisioni. Scorransi pure tutti i titoli delle Pandette, che sottigliezze troveransi in abbondanza per tutto: massimanente quando altri si voglia fermare sulle Leggi appartenenti alle ultime disposizioni degli uomini, che pur è la più importante, e più ampia materia di tutta la facoltà Legale. Lunga, e te-


E 4 dio.