In caso tale tanto gli Avvocati, quanto i
Giudici si trovano, per così dire, impegnati a
mettere in opera ogni cosa per poter ritrovare
qualche pretesto di scansare la Legge, e di ritornare
sul retto cammino. Ora ella è questa una
disgrazia tutta propria delle Leggi Romane di essere
così piene zeppe di sottigliezze, d’innaturalezze,
e di massime troppo lontane dalla semplicità
della ragion naturale, che sembra non potersi
concepire, come tanta quantità e di sì strana
natura ne sia stata inventata. Io preveggo, che
questa mia asserzione ha da dare del fastidio a
molti solenni Oratori, i quali siccome son pregni di
parole, e scarsi di materie, così hanno i lor
luoghi comuni, dove s’attacano, quando con una
qualche verbosa orazione vogliono fare sfoggio
dell’eloquenza loro, o per meglio dire della loro
arte di cicalare. E siccome il lodare le Leggi di
que’ sapientissimi Legislatori Romani per la loro
maraviglievole equità, ed inarrivabile semplicità, egli
si è uno de’ principali luoghi comuni, che costoro
si abbiano, io ho da passare presso di essi per
un prosuntuoso insieme, e scimunito uomo,
perchè ardisco di oppormi così apertamente ad una
cotanto, com’essi credono, sicura sentenza. Ma
so ben io, che costoro non hanno mai
studiato la Giurisprudenza, siccome neppure
verun’altra scienza a fondo: e però non ho da
rimanermi dal proseguire le mie lagnanze per
cagione delle tante sottigliezze, onde sono infettate
principalmente quelle Leggi, che sono state ne’
Digesti raccolte. Questo sconcio, e vituperevole
malanno ha principalmente avuto la sua origine
dalle interpretazioni, dalle furberie, e dalle dispu-