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Leggi Romane. 63

ni non solamente non verrassi a capo giammai d’intendere neppur la menoma parte delle Leggi, ma non si saprà nemmeno in che maniera, ed in quali circostanze applicarle. Potrei far ridere il Leggitore, s’egli fosse qui il luogo di mostrare quante scempiate cose abbiano detto, e dican tuttavia coloro, che della Storia antica, la necessaria cognizione non hanno. Ed egli è incredibile di quanti spropositi,1 e di quante false opinioni vada carica la presente Disciplina Legale, per avere i nostri primi Interpreti delle Leggi di Giustiniano, i consulenti, i trattatisti, e gli Autori di decisioni cotanto ignorato l’antica Giurisprudenza Romana. Così parimente l’ignoranza della vecchia Filosofia, e spezialmente della Stoica, alla quale la massima parte degli Autori delle Leggi nostre2 si sono principalmente dati, ha fatto prendere dei gran granchi a cotesti bacalari di Giurisprudenza, che messi si sono ad interpretare a lor modo le Leggi di Giustiniano. Facciasi attenzione a quello, che i nostri buoni interpreti vanno ciarlando intorno alle definizioni della Giurisprudenza in generale, del Diritto della Natura, e della Giustizia, intorno alle validità o nullità de’ contratti fatti o per timore, o per inganno, intorno al feto ancora chiuso nel ventre della madre,

  1. Hamberger. de Utilit. ex Hum. Lit. in Jurisp. Stud. capienda.
  2. Merillius Lib. I. Obser. 8. 10. 17. et alibi Everh. Otto de Stoica Ictorum Philos. Scheumburg Jurispr. Ictorum Stoica. Gundling. Trebetius Testa ab Jniur. Liberat.

intor-