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Leggi Romane. 51

provengano: e così la cura del Leggitore ha da essere a vedere, se i Difetti da me indicati veramente ci siano, e possano aver partorito quei disordini, che dico, e non già ad esaminare, donde quelli siano nati, ed a chi s’abbia d’attribuirne la colpa. Egli è però certissimo, che il testo del Corpus Juris trovasi in infiniti luoghi assai guasto, di modo che rende un senso tutto diverso da quello, che voleva l’autor della Legge. E di ciò non è da prendersi maraviglia, poichè da questo male non andarono esenti neppure gli altri libri dell’antichità. Anzi egli è spessissime fiate accaduto, che perfino in vita ancora dell’Autore, e per così dire sotto gli occhi suoi proprj le opere sue gli venissero depravate, come ce ne fa chiara testimonianza lo stesso Cicerone, che di ciò forte si lamenta con Quinto suo fratello. ”Rispetto a’ libri latini, scriv’egli, io non so cosa m’abbia a fare, tanto vengono eglino scorrettamente scritti.“1 Ed allora, che non godeasi il beneficio della stampa, molto più facilmente d’oggigiorno succeder poteva, che le opere degli autori fossero empite d’errori, perchè dovendosi in que’ tempi, affine di poterle spacciare tra molti, adoperare parecchj copisti, che per lo più persone ignoranti, e talvolta ancora della lingua, in cui scrivevano, poco pratici erano, dovea natural-

  1. Lib. 3. ad Quintum Fratr. Epist. 5. Veg. Gellio Noct. Attic. lib. 7. cap. 20. Seneca Controv. lib. I. cap. 7. Martialis lib. 2. Epigr. 8. Jo. Clericus de Art. Crit. vol. 2. sec. I. cap. I.