provengano: e così la cura del Leggitore ha
da essere a vedere, se i Difetti da me indicati
veramente ci siano, e possano aver partorito
quei disordini, che dico, e non già ad
esaminare, donde quelli siano nati, ed a chi s’abbia
d’attribuirne la colpa. Egli è però certissimo,
che il testo del Corpus Juris trovasi in
infiniti luoghi assai guasto, di modo che rende
un senso tutto diverso da quello, che voleva
l’autor della Legge. E di ciò non è da
prendersi maraviglia, poichè da questo male
non andarono esenti neppure gli altri libri
dell’antichità. Anzi egli è spessissime fiate accaduto,
che perfino in vita ancora dell’Autore,
e per così dire sotto gli occhi suoi proprj
le opere sue gli venissero depravate, come ce
ne fa chiara testimonianza lo stesso Cicerone,
che di ciò forte si lamenta con Quinto suo
fratello. ”Rispetto a’ libri latini, scriv’egli, io
non so cosa m’abbia a fare, tanto vengono
eglino scorrettamente scritti.“1 Ed allora,
che non godeasi il beneficio della stampa,
molto più facilmente d’oggigiorno succeder poteva,
che le opere degli autori fossero empite
d’errori, perchè dovendosi in que’ tempi, affine
di poterle spacciare tra molti, adoperare
parecchj copisti, che per lo più persone ignoranti,
e talvolta ancora della lingua, in cui
scrivevano, poco pratici erano, dovea natural-
- ↑ Lib. 3. ad Quintum Fratr. Epist. 5. Veg. Gellio
Noct. Attic. lib. 7. cap. 20. Seneca Controv. lib. I.
cap. 7. Martialis lib. 2. Epigr. 8. Jo. Clericus de Art.
Crit. vol. 2. sec. I. cap. I.