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26 DELLA LEGGE


Dal che viene, che i Letterati essendo o troppo superbi, o troppo parziali della loro scuola, o troppo attaccati ai loro proprj sistemi, giungono o a foffocare del tutto co'loro pregiudizj gli stimoli della verità, o ad oscurarla co'loro raffinamenti, o ad invilupparla co'loro intrighi. Questo riflesso mi spinge a riferire qui per disteso il discorso tenuto da un figlio di un mercatante Affricano, che in età di trent'anni fu da suo padre condotto a Londra, e poi quivi consegnato a due bravi maestri, perchè quelle scienze, che in Europa le più utili venivano reputate, gli andassero a misura del suo talento insegnando pian piano. Io fui prefente, quando costoro presero a dargli la prima lezione sopra la Legge Naturale, dalla quale essi giudicarono, che il giovane dovette incominciare il corso de'suoi studj. La lezione, ch'essi gli diedero, fu fecondo il gusto comune dalle scuole mirabilmente bella, dotta, erudita, ed ingegnosa. Essi con questa miravano ad insinuare nell'animo del loro discepolo un'idea generale della Legge di natura, e però prima dell'Esistenza di questa Legge tolsero a ragionare: e poi passarono a fargli concepire, che la naturale, ed a tutti gli nomini comune Ragione è quel mezzo sicuro, per cui tutto il genere umano può agevolmente giugnere a conoscere la sostanza, l'estensione, ed i limiti di questa Legge. Quindi si misero a spiegargliene i primi principj, e le principali conseguenze che da quelli derivavano; ed alla fine terminarono il loro ragionamento col fargli così all'ingrossa vedere, come i precetti da essi allora esposti andassero


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