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LE LEGGI ROMANE. 143

loni in un gruppo! Deh tralasciate queste Dottrine inette, incoerenti, e nemiche della retta ragione. Le Leggi Romane non hanno forza di Leggi, finchè gli Statuti, e le consuetudini della patria ci sono. E però non hassi da considerare gli Statuti, e le Leggi comuni come cose opposte, che convenga nel più possibile modo conciliare: ma deesi pensare, che fintantochè gli Statuti parlano o colle parole, o colla maggioranza, oppur colla identità della ragione, le Leggi comuni sempre tacciono, sempre son mutole, nè mai vogliono essere per alcuna maniera ascoltate. I Tedeschi, che ordinariamente con più giudizio, e con maggiore sodezza, che non è solita buona parte di noi altri Italiani, trattano lo studio della Giurisprudenza, passano meco in questo punto interamente d'accordo. Vegga, chi ha voglia, quello che sopra di ciò dicono lo Schiltero, lo Skykio, il Boehmero, Leyfero, e tanti altri nei titoli de Legibus, et de Principum Constitutionibus. Io però mi contenterò di citare le parole di Cristiano Enrico Eckard, il quale al lib. 2. c. I. §. 28. della sua Arte Ermeneutica a questo proposito nella seguente maniera si esprime. Recte denique quartum axioma postulat, ut Statutorum æque, ac Legum Provincialium interpretatio secundum legitimas Hermeneuticæ regulas instituatur. Statuta enim sunt Leges, et quodcumque Legis vim habet, illud si dubium, si ambiguum, si obscurum est, interpretationem desiderat, absque qua nullus foret Legis usus in Republica. Et quum Hermeneutica veras interpretandi regulas tradat; nemo dubitave-


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