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LE LEGGI ROMANE 141


che dalla ragion naturale viene insegnata , che in ogni Legge devesi aver riguardo allo spirito, all’intenzione, ed al fine, e non già alle sole parole, che non sono già il midollo, ma la pura corteccia della Legge. Sicchè ne viene per necessaria conseguenza, che dove si sia l’istesso fine, l’istesso spirito, e l’istessa intenzione, debba anche aver luogo la medesima decisione, benchè lo Statuto non faccia alcuna espressa menzione del caso, o della persona, che viene in controversia. Così per cagione di esempio, se lo Statuto esclude dalla successione le femmine, quando vi siano de’ fratelli maschi, s'intende, ch’esse restano in vigore dello stesso Statuto escluse, benchè i fratelli da altra madre, ma però dall’ istesso padre discendessero, e benchè lo Statuto solamente de’ fratelli germani parlasse, quando non apparisse espressamente, che il Legislatore in favore di questi soli abbia voluto così disporre: perchè altramenti devesi credere, che lo statuente abbia avuto in mira di privare dell’ ere- dità le donne in favore dell’agnazione; quantunque egli non avesse per avventura con precise, e chiare parole fatto manifesto questo suo fine. Ora l’agnazione vien conservata non solamente da un fratello germano, ma sippure da un consanguineo. Sicché avendo nell’uno, e nell’ altro la medesima ragione luogo, ne deve anche in amendue seguitar la medesima decisione. Per questa cagione ancora non posso io fare a meno di scandalezzarmi grandemente di una assurdissima opinione; che da' certi legali viene insegnata, e sostenuta, la quale è questa. Quando in una


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