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140 DELLA MANIERA DI TRATTARE

gi Romane allora solamente hanno vigore, e forza, quando nè lo Statuto, nè il coftume della patria alcuna cosa dispone. I Principi, ed i Popoli non erano, e non sono tenuti di ricevere ne’ loro Tribunali le Leggi Romane; e dipende però dal loro puro arbitrio, se vogliano trattenerle, o dare ad esse l’esilio. Sicchè l’introduzione, e la conservazione delle Leggi di Giustiniano non deve, ne può per alcun verso pregiudicare agli Statuti, ed a’ costumi della patria. La preferenza è dovuta a questi: e solamente quando essi tacciono, possono parlare le Leggi Romane, le quali unicamente per supplire laddove gli Statuti, e le consuetudini mancano, sono state introdotte. Da questo risulta, che una manifesta assurdità si è quella di dire, che gli Statuti vanno interpretati strettissimamente, che tutto quello, che nel- lo Statuto non si trova espressamente deciso, debbasi giusta la Legge comune, e non secondo lo Statuto giudicare, che non convenga fare estensione da caso, a caso, e da persona a persona, benchè la medesima ragione proceda, e benchè ancora per il caso non compreso una ragion maggiore vi fosse. I barbari legali costumano di esprimere questa loro dottrina con un bel detto alla lor moda, cioè che Statuta non pariunt sicuti mulæ. Ma questo, e simili altri lor proverbj contengono un evidente errore; imperciochè gli Statuti, e le consuetudini sono le prime Leggi, e queste debbonsi avanti ogni altra rispettare, ed in pratica seguitare: le Leggi Romane non sono, che di sussidio, e servono di supplemento in mancanza delle prime. Ora ella cosa, e


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