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LE LEGGI ROMANE. 137

delitto persista nella sua deposizione, come ancora per purgare la infamia del testimonio, che annessa è al delitto da lui confessato. Si può egli sentir cosa più insensata di questa? dar la tortura ad un testimonio per vedere, se sia costante nel suo detto, quando certa cosa è, che il tormento lungi dal fare in favore dell’ altro correo, contra di cui avesse prima deposto, ritirare al testimonio la sua prima deposizione, lo indurrebbe piuttosto a deporre contro il compagno, benchè prima lo avesse fatto, e non avesse avuto intenzione di farlo . Tutti i testimoni già sanno, che il Giudice cerca continuamente delle deposizioni in favore del fisco; e però la tortura non è un mezzo, che possa servire ad obbligare il testimonio, che ritratti una deposizione non vera contra il vero supposto complice; ma essa serve piuttosto a far deporre il falso in favore del fisco, ed in pregiudizio del preteso correo. Inoltre non è egli una vera bestialità il dire, che la tortura purga l’infamia, quando tutto all’ opposto ella è cosa sicura, che il tormento al meno nell’opinion comune del volgo basterebbe per se solo a rendere infame, chi anche nol fosse prima? E certamente neppure la gente prudente può avere buona opinione di chi dal Giudice sia stato reputato meritevole della tortura. Che diamine! di pensare adunque si è questa, che quella cosa, la quale arreca infamia, pur si adoperi per purgare l’infamia? Oh storditi, o bestie! finitela una volta, e tralasciate di tormentare


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