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134 DELLA MANIERA DI TRATTARE

no vocalmente al reo, e che dopo averlo per sì fatta maniera ingannato, per tutto altro modo, e con tutt’altre parole dettano gl’interrogatorj in processo: nulla dirò neppure delle promesse, che mettono in uso per cavare dal reo quello, che vogliono, le quali poi o per essere state troppo generali, o troppo equivoche si possono mantenere, come si vuole, ed intanto il reo rimane deluso: nulla dirò nemmeno di tante altre arti inique, e disoneste, che da somiglianti Giudici alla giornata si praticano. Ma quello, di cui presentemente sopra tutto di parlare mi preme, si è la tortura, la più abbominevol cosa, che si abbia inventata la rabbia umana, ed il maggior vitupero del nostro secolo. Imperciocchè io non mi posso figurare a cosa possa giovare questa crudeltà, che da’ rabbiosi, ed inumani Giudici tutto il giorno si pratica. La tortura da costoro si adopera o per ricavare da’ testimonj la verità, o per purgare la infamia di un testimonio, che sia stato complice del delitto, o per far confessare il reo medesimo. Ma in tutti questi casi l’uso della tortura a nulla giova, dunque l’adoperarla è impresa da fiero, spietato, e crudele uomo. S'ella servisse a poter con sicurezza cavar la verità, vorrei tacermene, benchè questa sarebbe una maniera di venire in cognizione del vero molto barbara ed inumana: ma egli è impossibile il sofferire con indifferenza l'uso della tortura, quando si fa, che essa ad altro non giova, che a fare del male. Infiniti uomini sono co-