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LE LEGGI ROMANE 133

gliono. Intanto però egli amministra la giustizia secondo che richieggono le circostanze del caso, secondo le conghietture, che altramenti appariscono dal processo, e secondo le buone e ree qualità sì dell'attore, come del reo. In somma egli si regola secondo la Giurisprudenza, e non già secondo l’impertinenza degli Avvocati, e la stoltezza degli Scrittori. Questo è un solo esempio della cabala forense; ma mille altri ne potremmo addurre, se questo non fosse dal nostro presente intendimento troppo alieno; poichè noi non abbiamo ora in mira di mettere in veduta le trappole del foro; ma vogliamo solamente avvertire il pratico Giurista, ch’ egli le deve dalla lettura de’ processi rilevare tutte, per poi saperle sfuggire, ed impedire. Se ne’ processi civili le parti, che hanno pratica nel litigare, e gli Avvocati disonesti mettono in opera ogni sorta di cabale, i processi criminali porgono la medesima occasione a’ Giudici stessi: e benchè l’uso delle trappole riesca molto più abbominevole nel criminale, sì per cagione, che quì si tratta non sol della roba, ma dell'onore, e della vita dell’uomo, come perchè molto maggior sincerità, rettitudine, ed onestà in un Giudice, che in un Avvocato si richiede; niente però di meno parecchj Giudici crederebbero di parere inesperti giuristi, se per far cascare i poveri rei non facessero uso di tutte le arti, che colla loro iniqua malizia sanno inventare. Io nulla dirò quì degli interrogatori suggestivi, che fan-


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