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126 Della Maniera di trattare

ne, siccome quelli, i quali senza tante ambagi, e senza tante seccaggini, che nello studio delle Leggi s’incontrano, fanno per naturale loro capacità conoscere il diritto via dal rovescio: ma il mio discorso riguarda solamente coloro, che non hanno dalla natura sortito un sì raro talento, e con quella loro così infame Giurisprudenza fanno professione d’insegnare e fare a chicchessia giustizia. Per la qual cosa meritano di essere grandemente biasimati, e caricati di vituperj, perchè la gente impari a conoscerli, ed a fuggirli, ed i Principi si risolvano una volta ad estirparli, siccome quelli, che al pubblico indicibili mali arrecano. E non sarà forse un gran male, che uomini, i quali non hanno fatto nissun ordinato studio della Giurisprudenza, che nissun sistgema, e nissun certo principio hanno in capo, e la di cui cognizione tutta è cavata da Indici, da Repertori, e da Zibaldoni, e però ammassata a caso senza metodo, senza regola, e senza ordine, che tutta è incerta, vaga, incoerente, contraria, come contrarj, ed incoerenti tra loro sono i differenti Repertori, donde fu pianpano raccolta, che uomini, dico, di questa fatta si pongano a consultare, o a decidere su le cause altrui? Con che principio passerà un tale a fare la decisione di una causa, se principio veruno in capo non ha? Che sistema osserverà costui nello sciogliere le questioni, che gli vengono presentate, e nel far vedere la giustizia da una banda, e dall’altra l’ingiustizia, se intorno al diritto, ed al torto non si è fatto sistema veruno? In tal caso la bisogna deve necessariamente andare, come in effetto e tutto giorno si vede, cioè che


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