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Della Maniera di trattare |
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ne, siccome quelli, i quali senza tante ambagi,
e senza tante seccaggini, che nello studio delle
Leggi s’incontrano, fanno per naturale loro capacità
conoscere il diritto via dal rovescio: ma il
mio discorso riguarda solamente coloro, che non
hanno dalla natura sortito un sì raro talento, e
con quella loro così infame Giurisprudenza fanno
professione d’insegnare e fare a chicchessia
giustizia. Per la qual cosa meritano di essere
grandemente biasimati, e caricati di vituperj,
perchè la gente impari a conoscerli, ed a fuggirli,
ed i Principi si risolvano una volta ad estirparli,
siccome quelli, che al pubblico indicibili
mali arrecano. E non sarà forse un gran male,
che uomini, i quali non hanno fatto nissun ordinato
studio della Giurisprudenza, che nissun
sistgema, e nissun certo principio hanno in capo,
e la di cui cognizione tutta è cavata da Indici,
da Repertori, e da Zibaldoni, e però ammassata
a caso senza metodo, senza regola, e senza ordine,
che tutta è incerta, vaga, incoerente, contraria,
come contrarj, ed incoerenti tra loro sono
i differenti Repertori, donde fu pianpano raccolta,
che uomini, dico, di questa fatta si pongano
a consultare, o a decidere su le cause altrui?
Con che principio passerà un tale a fare la
decisione di una causa, se principio veruno in capo
non ha? Che sistema osserverà costui nello
sciogliere le questioni, che gli vengono presentate,
e nel far vedere la giustizia da una banda, e
dall’altra l’ingiustizia, se intorno al diritto, ed
al torto non si è fatto sistema veruno? In tal
caso la bisogna deve necessariamente andare, come
in effetto e tutto giorno si vede, cioè che