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le Leggi Romane. 125

cipj. Egli non deve mai guastarsi il cervello ad indagare le ragioni di una opinione: ma al più egli si ha da contentare di numerare le autorità. Egli non deve mai dare un’occhiata ad un libro critico, di Storia, o delle antichità Romane: ciò farebbe un buttare il tempo: e vuolsi in vece di queste inutili antichità fare una raccolta di belle erudizioni pratico-legali, come farebbe a dire: Delicta carnis omnes tangunt, præcipue vero Ictos: crede mihi. Juristæ sunt mali Christæ: e tali frascherie, che recano nausea, e fanno male a chiunque ha fior d’ingegno, e di giudizio.

Ecco pertanto per tal maniera fatto il gran Giureconsulto pratico, che in avvenire ha da sedere a scranna, e fare consulti, e sentenze, che spaventino. Ma costui è una bestia, e non un uomo ragionevole: egli è un furfantaccio, un ladro, un briccone, che alla gente va vendendo lucciuole per lanterne, e che professa d’insegnare, dire, e sostenere contro buon pagamento il giusto, mentre egli nè del giusto, nè del vero ha la menoma idea, poichè tutto il suo cervello è in disordine, tutto ii capo è rovinato, e in tutta l’anima sua non si trova una giusta immagine della giustizia, dell’equità, e della verità. Io non vorrei, che alcuno credesse, che la fantasia mi si sia quì contro tutti li pratici troppo riscaldata: poichè non intendo di biasimarli tutti, ben sapendo, che in ogni luogo si trovano di quelli, che se non con altro, almen col raziocinio naturale arrivano a distinguere per lo più il vero via dal falso, i quali per poco li rispetterei, e stimerei più, che un altro vero Giureconsulto, che abbia fatto grande studio delle Leggi Roma-


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