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le Leggi Romane. 123

che si possa giugnere all’intelligenza delle Leggi Romane. Ma peggio ancora va la bisogna, se un tale s’abbatte nel Tebaldo, nel Verde, o in altre simili bestie, che minor giudizio, minor cognizione legale, meno ordine, e meno metodo dello Schneidevvino mostrano d’avere avuto. Fatto che il giovane si abbia questo studio per uno, o due anni, egli comincia ad imperare la pratica sotto la direzione d’un qualche Avvocato, che de’ più valenti venga riputato. Quivi gli vengono dati de’ processi da leggere, acciocchè per tempo impari le cabale, le furberie, le stiracchiature, ed i sutterfugj de’ procuratori, e de causidici, e le formole, che nel fabbricare qualsissia atto giudiziale si costuma di adoperare. Nello stesso tempo vengono allo studente proposte le questioni, che da processi risultano, o che senza processo vengono all’Avvocato pel suo sentimento presentate. L’impiego che rispetto a tali quistioni vien dato al candidato, si è di cercare fuori gli Autori, di esaminare gl’indici, i repertorj, gli alfabeti per vedere, se a qualche parola si trovi la quistione, di cui si tratta. L’Avvocato Maestro gli dice: cercate in questa parola, o in quella: vedete quello autore, e quello, e quell’altro ancora: non vi perdete di animo, che già troverete qualcosa. Di fatto il praticante trova alla fine non solo quello, ch’ei vuole, ma molto più ancora. E quasi sempre addiviene, che fra i molti Autori, che ha veduti parte sono di uno, e parte di un altro tutto opposto sentimento. Allora il suo Maestro gli dà ordine, che noti quelli, i quali possono servire a prò di quel cliente, in di cui favore ha determinato di scrivere.


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