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LE LEGGI ROMANE: 115

jono anzi Cerberi tartarei, che uomini di questo mondo? Quando io era giovane, ed allo studio delle Leggi applicava, ho avuto fatal disavventura di urtare in bocca a questi cani, e mi trovava di avere attorno principalmente il Clarissimus, et Perdoctissimus Dnus Franz, il Clarmus Dnus Someting, il Clarmus Dnus Schambogen, il Clarmus, et Rmus P. Schmier, il Clarmus, et plurimum Rdus P. Desing, ed altri così fatti clarissimi; e mutato poi paese fui dagli stolti maestri gettato in preda all' Aurora Legalis dello inettissimo Tebaldo e di altri siffatti: e mi rimasi fra le unghie di questi animali irragionevoli, finché la sorte propizia me ne liberò col farmi capitare fra mani libri di gusto migliore, e di discernimento più sodo. Per quello adunque, che riguarda la Teoria, ossia la cognizione delle Leggi, sono io di avviso, che l'unica cura di chi vuol essere vero Legale, abbia da consister nel procurarsi prima di tutto una semplice cognizione di tutte le Leggi almeno in generale, e poi nell' estrarre, e raccorre quelle, che possono ancora a' nostri giorni fra' nostri costumi, e nostri giudizj essere di qualche uso. Fatta che si abbia quella scelta conviene internarsi nell'esame di tali Leggi, indagarne lo spirito, fissarne i limiti, e conoscerne l'uso per riguardo all'applicazione. E perchè tutto questo si possa con giudizio fare, ricercasi, che chi si mette a tale studio, abbia della critica, sappia la storia, e le antichità Romane, conosca la proprietà della lingua latina, ed abbia in mente l'analogia, e la corrispondenza di tutta questa parte di Giurisprudenza, che dalle Leggi Romane


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