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Leggi Romane. 101

tro di lui in queste aspre parole prorompe. Quæ igitur fuit Triboniani socordia, stultitia, temulentia, qui damnatam, et repudiatam illam eamdem Juliani sententiam tamen alio loco pluribus verbis expositam nobis pro bona, et recepta, et probata proposuit?1 Ora chi non è nello studio Legale sufficientemente versato, non si può immaginare la quantità di false opinioni, che per questo miscuglio del Giure antico, e recente è nata nella nostra Disciplina. La maggior parte degli interpreti, siccome barbari, ed ignari delle antichità, non hanno neppure ravvisata questa mescolanza, e però hanno dato a cotesti passi quelle spiegazioni, che Dio sa: e per conciliarli fra di essi, hanno fabbricate distinzioni, che fanno pietà bensì, ma che hanno poi partorito degli altri errori. Altri hanno nella spiegazione, ed applicazione di tali testi per altre diverse maniere errato, e pochi sono coloro, che abbiano toccato il vero.

XII. L’istessa negligenza, e goffaggine, per cui Triboniano, ed i suoi Colleghi hanno commesso tanti, e sì madornali spropositi, fu ancora la cagione del perpetuo disordine, che in tutto il Corpo delle Leggi costantemente regnare si vede: mentre nè i titoli nel debito ordine, nè le Leggi sotto al loro titolo, nè tampoco le Leggi dello stesso titolo nella necessaria connessione, nè i paragrafi delle diverse Leggi a suo luogo dispo-

  1. Lib. 4. Obser. 12. Noodt Dioclet. et Maxim. cap. 15. seq. Schilter Exerc. 39. §. 48. Heinec. Opusc. Exerc. 7. §. 6. Thomas in Schol. ad Huber. Inst. lib. 2. tit. 3. in princ. vers. Scilicet hoc volui.

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