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zione fattavi collocare dal Granduca Cosimo I de’ Medici, l’arme del quale stava quivi in mezzo scolpita.
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Ai lati della porta interna or nominata erano le solite armi del Popolo e della Repubblica di Firenze, la Croce cioè ed il Giglio, e queste davano a conoscere che quelle Carceri non erano state fabbricate per ordine di Cosimo, come lo potrebbe forse far supporre l’iscrizione, ma soltanto da lui restaurate e rimesse in attività. La prima stanza che entrando si trovava, era piuttosto grande e costruita a volta, e questa, dicevasi, essere stata un tempo la sala delle segrete esecuzioni. Infatti in un lato si osservava ad una piccola altezza un’antica pittura guasta ed annerita, rappresentante la Madonna col Bambino Gesù in braccio, davanti alla quale può supporsi che facessero la loro ultima preghiera i condannati a morte.
Delle esecuzioni segrete doveano adunque, a quel che sembra, rallegrarsi i giusti (come dice l’Iscrizione or riportata) i quali avrebber veduto. Ma primieramente, come potean fare i giusti ad essere spettatori di queste esecuzioni, se si facevano nell’interno di un luogo impenetrabile? E secondariamente, come mai avrebber dovuto rallegrarsi dell’ultimo supplizio di sventurati, ancorchè colpevoli? Una morale più retta di quella che in pratica professava Cosimo, ha insegnato ai giusti di compianger la sventura, non già di rallegrarsene.
In faccia poi alla sopra nominata porta dei Forzati,