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l’attenzione del vostro spirito e tutta l’energia del vostro pastoral ministero contro un disordine, di cui già si provano i funesti effetti: e, se con mano forte non si svella dalle più ime radici, conseguenze ancor più fatali si proveranno coll’andare degli anni. — Abbiamo infatti sott’occhi le lettere di non pochi fra voi, o Venerabili Fratelli; lettere piene di tristezza e di lagrime, le quali deplorano lo spirito d’insubordinazione e d’indipendenza, che si manifesta qua e là in mezzo al clero. — Purtroppo un’atmosfera di veleno corrompe largamente gli animi ai nostri giorni; e gli effetti mortiferi sono quelli che già descrisse l’apostolo S. Giuda: Hi carnem quidem maculant, dominationem autem spernunt, maiestatem autem blasphemant1; oltre cioè alla più degradante corruzione dei costumi, il disprezzo aperto di ogni autorità e di coloro che la esercitano. Ma che tale spirito penetri comecchessia fino nel santuario ed infetti coloro, ai quali più propriamente convenir dovrebbe la parola dell’Ecclesiastico: Natio illorum, obedientia et dilectio2; è cosa questa che Ci ricolma l’animo d’immenso dolore. — Ed è soprattutto fra i giovani sacerdoti che sì funesto spirito va menando guasto, spargendosi in mezzo ad essi nuove e riprovevoli teorie intorno alla natura stessa dell’obbedienza. E, ciò ch’è più grave, quasi ad acquistar per tempo nuove reclute al nascente stuolo dei ribelli, di tali massime si va facendo propaganda più o meno occulta fra i giovani, che nei recinti dei Seminari si preparano al Sacerdozio.

Pertanto, o Venerabili Fratelli, sentiamo il dovere di fare appello alla vostra coscienza, perchè, deposta

  1. Iud. 8.
  2. III, 1.