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la battaglia. Imperocchè sentendo egli, che eran per giungere in breve due mila goti si forzava differire battaglia alla loro venuta, ed alla vista di tutti fece le seguenti cose. Prima volle farsi vedere dagli inimici, e far mostra di sè stesso.

L’oro risplendeva nelle sue armi, e gli ornamenti della sua lancia brillavano del più vivo color di porpora. Montava un vigoroso cavallo, e perfettamente ammaestrato, che egli maneggiava su tutte le volte con una maravigliosa maestria, e destrezza. Lanciava in aria la sua chiaverina correndo, la ripigliava pel mezzo, la cambiava di mano, si roversciava sulla groppa, piegava il suo corpo a destra, e a sinistra con tanta agilità, e prontezza, che scorgevasi, che fino dalla sua fanciullezza egli si era addestrato in tutti i militari esercizj. Essendo passata la mattina in questo modo, volle guadagnar ancor tempo, facendo chiedere a Narsete un’abboccamento. Narsete rispose, che la domanda di Totila non era per certo seria: che era strano, ed assurdo parlare di accomodamento, quando si era al punto di combattere, e dopo aver mostrata tanto premura di attaccare la zuffa non si proponeva un’accomodamento.

Fra questo tempo giunsero i due mila soldati goti: i quali tostochè Totila seppe essere negli accampamenti avvicinandosi l’ora del pranzo si ritirò nella sua tenda, ed i Goti sciolte le file andarono in dietro. Ritornato Totila al suo alloggiamento già osserva, che eran giunti quelli due mila, ed ordina a tutto il suo esercito di mangiare. Poscia vestito delle armi, ed avendo procurato, che tutti fossero armati, li guida contro gl’inimici avendo creduto di assaltare, e di opprimere persone non preparate a combattere. Ma s’ingannò. Imperocchè temendo Narsete quello, che avvenne, cioè che gl’inimici all’impensata venissero a combattere senza lasciare il campo di battaglia, permise soltanto a’ suoi soldati di prendere un poco di cibo sotto le armi, e ciascuno nella sua fila sempre attenti a’ movimenti de’ nemici. Questi comparvero in-