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che pregiudizio, a cui soggiacquero le memorie, e le vite benchè sincere, e genuine di tanti altri Santi. Io nel mio Plinio illustrato fondato sulle parole di S. Agostino1 dimostrai, che il primo Apostolo del Piceno fu quel Navigante, che essendovi trovato presente quando S. Stefano fu lapidato, raccolse quel sasso, che lo colpì nel gomito, e lo portò in Ancona. Essendo situate le Città, di cui parlai, nelle vicinanze di Ancona, e di Fuligno, ne viene per conseguenze, che la fede Cristiana penetrò assai presto in esse per mezzo di S. Feliciano, e di quegli Anconitani, che furono convertiti dal navigante, e che ricevettero la pietra, che egli loro lasciò per rivelazione divina, come narra il S. Dottore.
Se dunque nel Piceno Annonario penetrò così presto la fede di Gesucristo, ne viene per conseguenza, che vi dovettero essere Vescovi, che istruissero, e coltivassero i Cristiani. S. Paolo così ordina a Tito2 hujus rei gratia reliqui te Cretae, ut ea, quae desunt, corrigas, et constituas per civitates Presbyteros che la parola Presbyteros debba prendersi per Vescovi si rileva dal contesto della stessa lettera: perchè dopo soggiunge: oportet enim Episcopum sine crimine esse, e da Cornelio a Lapide, che così commenta tal testo "e stabilisca per le Città i Preti, cioè i Vescovi, i quali propriamente sono chiamati Preti. Imperocchè il nome di Prete era comune tanto a’ Vescovi, che a’ Sacerdoti."
Di più tutti gli autori concordemente asseriscono, che l’antica disciplina della Chiesa fu, che a ciascuna Città si assegnasse ordinariamente il proprio Vescovo, come ordinò S. Paolo a Tito. Anzi alcuni con Domenico Giorgi nella celebre Dissertazione della Chiesa di Sezze3 dimostrano, che il costume di quei secoli tanto nell’Oriente, quanto nell’Occidente fu non solamente di fissar Cattedre Vescovili nelle Città, ma ancora ne’ Castelli, e Terre più insigni. Fu costretta la Chiesa im-