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bri, dagli Etrushi, da’ Liguri, da’ Galli, da’ Sabini. Quando dunque la Marca Anconitana, come dissi nel Capitolo I., fu occupata da’ Siculi, il senso comune mi dice, che fu chiamata Sicilia; quando fu occupata dagli Umbri, Umbria, e Scilace così la chiama; quando fu posseduta dagli Etrusci, Etruria; quando da’ Galli, Gallia togata secondo Plinio; e finalmente quando fu occupata da’ Piceni, di manierachè può dirsi di essa con Virgilio non saepe, ma

Saepius et nome posuit Saturnia tellus.

E può dirsi di essa quello, che Plinio asserì dell’Etruria1: Etruria est ab amne Macra, et ipsa mutatis saepe nominibus. Conchiuderò quanto dissi. Il sistema del Peruzzi non regge, ed è contrario al verisimile, perchè fa troppo antichi i Siculi, e li crede possessori del Piceno due secoli, e più prima della vocazione di Abramo. Quello del Baluffi è contrario a ciò, che raccontano i Classici, ed almeno per due Secoli ribassa il tempo, in cui i Siculi furono nell’Italia. Tenendo il mio sistema la via di mezzo, e costituendo i Siculi nè molto antichi, nè molto moderni sembra, che debba preferirsi al loro, e l’imparziale Lettore deve giudicarlo. Col dir ciò non intendo eclissare quello, che dottamente scrissero questi due miei valenti Provinciali, ma intendo sostenere quello, che dissi, e che da essi fu impugnato.

Avendo osservato, che le Città, che descrissi, furono edificate da’ Siculi, che questi furono Greco-fenicii, e non furono tanto antichi, come pretende il Peruzzi, nè tanto moderni come li crede il Baluffi, passerò ora a dire poche cose sopra a ciò, che scrisse contro il mio Plinio illustrato il Sig. Marchese Antaldo Antaldi di Pesaro. Sebbene io abbia risposto al detto con due lettere, una stampata in Roma 1824. diretta al Ch. Sig. Ab. Francesco Cancellieri, e l’altra stampata in Fermo, e diretta al Sig. Canonico D. Giovanni de’ Conti Sabbioni Bibliotecario della Li-


  1. Lib. 3. c. 5.