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Le parole di optimo maximo tacitamente ci dicono, che il Dio adorato nelle sommità delle Alpi era Giove. O sia celtica, o Ebraica, o Greca, o Latina la voce Pen, o Pin, onde discende il Peninus, e Apeninus, Pinna, Pinnaculum, nient’altro vuol dire, che eminenza, altezza, sommità, o cosa simile. Siccome il nome di Appennini si diede a’ nostri monti per la loro altezza, e di Pennine alle Alpi per la stessa ragione: così credo, che Giove preso Gubbio si cognominò Apenino, perchè il di lui tempio fu eretto in mezzo ai Monti Appennini, ed edificato in un luogo eminente.
Nella prima origine questo tempio non altri dovette essere, che una gran Quercia conservata a Giove. Fu tale, e tanta la superstizione, e la semplicità de’ popoli antichi, che ove trovavano un grandissimo Albero, subito credevano, che qualche Dio vi risedesse. Plinio dice1 haec fuere numinum templa, priscoque ritu simplicia rura, etiam nunc Deo praecellentem arborem dicant. Pausania ci avverte, che tal religione fu tenuta da’ Greci, e Massimo Tirio2, che fu tenuta da’ Celti: simulacrum Iovis est apud Celtas quercus alta. Arnobio condanna tal leggerezza, ed il Baronio ci narra, che i Santi Vescovi faticarono molto nel quarto, e quinto Secolo della Chiesa per estirparla, essendosi molto radicata negli animi de’ popoli. In appresso si edificò il tempio di Giove Appennino, che era ancor celebre per gli Oracoli. Il Maffei, ed il Passeri3 stimarono, che Trebellio Pollione parlando nella vita di Claudio dell’oracolo, che chiese di sè, de’ suoi posteri, e del fratello l’Imperador Claudio in Apennino, intenda questo tempio di Giove Appennino: item cum in Apennino de se consuleret, responsum hujusmodi accepit.
- Tertia dum Latio regnatem viderit aestas.
- Item cum de posteris suis