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Non solamente il flagello della guerra desolava l’Italia, ma ancora un’orribile carestia. Non essendo state seminate le terre, mancò del tutto il frumento nella Liguria, nell’Emilia, nella Toscana, e nel Piceno. La Dalmazia fu in breve tempo esausta, e vota. I popoli dell’Emilia si ritirarono nel Piceno, dove speravano di ritrovare di che sussistere a cagione della vicinanza del mare. Trovarono quivi la stessa penuria, e si morivano di fame insieme cogli abitanti, de’ quali accrescevano la miseria. Procopio dice, che nel Piceno soltanto perirono cinquanta mila persone. Nelle vicinanze degli Appennini fu fatto il pane di farina di ghianda, che cagionò delle malattie, per cui morirono molte persone. Non vedevansi che corpi scarni, ed affilati, volti macilenti, magri, tinti di un nero fumo, e simili a torcie spente, occhi minacciosi, e feroci, che uscivano fuori dalla testa, e simili a quelli de’ frenetici, e de’ furiosi. I miserabili, se trovavano qualche cosa da cibarsi, empiendosene avidamente, si morivano più presto ancora, che non sarebbero morti per la fame, e ve ne furono alcuni, che scambievolmente si divorarono. Dazio, Vescovo di Milano racconta, che una donna, che era al servizio della sua Chiesa, aveva mangiato il suo proprio figliuolo. Vicino Rimino due donne erano rimaste sole di tutto un villaggio, e dando alloggio a’ passeggieri li trucidavano, mentre erano immersi nel sonno, e se ne cibavano. Avevano già uccisi diciassette uomini. Il decimo ottavo si destò nell’atto, che esse di avvicinavano al suo letto, e dopo aver cavato loro da bocca la confessione di questi orribili misfatti, le trucidò. La campagna era tutta coperta, ed ingombra da persone morte, le mani delle quali erano ancora attaccate alle erbe, ed alle radici, che non avevano avuta forza di svellere. Questi cadaveri erano perfino rigettati dagli uccelli di rapina, perchè le loro carni erano già state consumate dalla fame. Ma lasciamo questo funesto racconto, e torniamo ad Urbino.

La memoria della di lui esistenza si è conservata sino a’ giorni nostri, e ne fa testimonianza un documen-