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per timore di essere decimato. Ecco a quali angustie adduce la falsa religiose. Non fu dunque Suasa edificata ne da’ Giganti, nè dà Pelasgi, ma dà Siculi, come sarò per dire. Neppure fu distrutta da Alarico Re de’ Goti come asserisce il Volpelli, e come credono il Colucci, ed il Tondini, che riportano per autorità un pezzo della Cronaca di Sinigaglia dell’arciprete Gianfrancesco Ferrari, nè da tal Re furono distrutte Ostra, Pitulo, ed altre Città, come essi credono. Anzi Alarico costituì Suasa per Madre, e capo luogo delle circonvicine Città, come ci testifica la lapide, che riporterò in appresso, la quale fu trascurata da’ nominati scrittori, forse perchè non seppero leggerla, e questa getta a terra i sentimenti di tutti coloro, che scrissesero le storie sì generali, che particolari delle Città distrutte della gallia togata.
Le colonne bellissime della Badia del Castello di S. Lorenzo in Campo, che è vicino a Suasa, furono tolte co’ loro capitelli, e piedestalli di marmo dalle rovine di questa Città. La strada da Piro Filumeno, che rimaneva nel littorale, conduceva a Suasa, e poscia a Sentino, e questa fece Narsete quando distrusse Totila, ed errò il Le Beau, il quale così dice1 „essendo Narsete arrivato a Fano, lasciò sulla sinistra Fossombrone, e le montagne del Furlo, e rientrò nella via Flaminia vicino al luogo, dove è al presente il borgo di Aqualagna„ Procopio non dice così. Ecco le di lui parole secondo la traduzione del P. Maltreto: ommissaque via Flaminia ad loevam tendit. Cum enim Petra pertusa, ut vocant, locus natura munitissimus ab hoste primum teneretur, via Flaminia Romanis plane occlusa erat. Quare Narses relicto breviore itinere, id, quo transitus patebat, ingressus est. Vengo alle lapidi riportate dal Muratori, dal Cimarelli, dal Colucci, e dal Tondini. Sono pero molto scorrette, ed io non potei emendarle, perchè non le trovai in Suasa, e furono portate via
- ↑ Tom. 19. p. 188