prima impressione risale per lei come per me all’incontro in ferrovia. La prima volta mi portò da lei il consigliere delegato Bassanelli, amico di casa Dessalle, compagno d’armi di mio padre, che zoppica per una ferita riportata a Palestro. Bassanelli voleva mostrarmi la stradicciuola comunale che conduce a villa Diedo e che il Municipio dovrebbe riattare. Abbiamo incontrato il signor Dessalle e bisognò entrare nella villa. Me ne venni via solo. Lei conosce villa Diedo, naturalmente? L’avrà visitata per i Tiepolo, almeno. Nell’uscire per la terrazza di ponente, fra quell’ondeggiar di rose sulle balaustrate, nello scender la gradinata in faccia a uno splendore di tramonto, io avevo addosso, direi, la ubbriacatura di un sogno strano, e avevo insieme un dolore muto, fisso, proprio nel centro del mio essere. Avevo inteso che la signora voleva farsi amare da me, mi sentivo attratto non per i sensi che tacevano, non per l’anima che aveva paura, ma per una specie di fascino magnetico. Ora, e questo non l’ho capito, non lo capirò mai se Lei non mi aiuta, l’idea di un legame spirituale, anche solo spirituale, con la signora mi atterriva molto più che l’idea di un vero e proprio peccato con la prima disgraziata che passa. Ritornai a villa Diedo molte volte e, per un pezzo, riluttante, tratto, non so, dal magnetismo. Ci stavo