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68 | capitolo secondo. |
artificiale, così che in fin dei conti è forse la loro fede e non la mia che vive in me, perchè io non ho mai avuto la libertà di credere o di non credere e vado acquistandola solamente adesso? La loro fede! Forse la fede che anche ad essi quand’erano teneri fu cacciata nell’intelletto per forza, storpiandolo! Capisce che dubbio spaventoso! È anche per questo che vorrei seppellirmi in un convento di Trappisti, fra uomini religiosi che non abbiano tenuto niente per sè, che abbiano dato a Dio tutto, che dovrei quindi ammirare, fra uomini che avranno presa la fede anche dai loro educatori, ma che però l’hanno grandemente accresciuta in sè, per forza propria. Non si può, don Giuseppe, non si può?„
“Ma no!„ fece don Giuseppe, quasi bruscamente. Il viso era freddo e grave; era il viso di un medico che uditi i lamenti del suo infermo poco se n’è commosso, ma poi, ascoltatone il cuore, vi ha udito nel profondo il passo zoppicante della Morte. Credette che Maironi avesse finito e come cercando il suo esordio, con un parlante moto inquieto di tutti i muscoli del viso e delle mani raccolte davanti al petto, incominciò:
“Ecco„.
Maironi sussurrò angosciamente, in fretta:
“Non ho finito, don Giuseppe, non ho finito„.