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nel monastero. 63

tevo pensare? Se io fossi in fatto di religione una miserabile scimmia della gente che ho sempre veduto intorno a me? Oh, don Giuseppe, don Giuseppe, mi salvi Lei!„

Il giovine gittò le braccia al collo del vecchio prete singhiozzando. Don Giuseppe corrispose all’abbraccio, sussurrò con dolcezza: “Sì sì, caro, io no ma il Signore La salverà. Sì, confidi, confidi!„

Il servitore bussò e annunciò il caffè. Don Giuseppe credette bene di aprirgli. Maironi riprese l’impero di sè stesso, e quando il domestico se ne fu andato continuò il suo racconto.

“Proprio quella notte mi decisi di accettare l’ufficio di sindaco. Vi ripugnavo moltissimo, prima. Ogni volta che ho pensato, dopo la mia sventura, a occupare in qualche modo stabile la mia vita così vuota, a legarmi in qualche modo, mi arrestò sempre uno sgomento istintivo. Sempre mi veniva in mente di essere destinato da Dio a qualche cosa ch’Egli non mi rivelava ancora, sempre mi pareva di far male se pigliavo un’altra via. Quella notte pensai che fosse bene di costringermi a tanti pensieri nuovi, a tante preoccupazioni nuove, a lavorare assai, a occuparmi degli altri più che di me. Guardi, mi decido e poco dopo ecco un biglietto di quella signora incontrata in ferrovia, che