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in luminae vitae. 427

per lente, interminabili ore allo stesso posto e i medici, l’infermiera la guardano di tratto in tratto come un’augusta cosa, evitano di passarle troppo vicino e nel passare piegano la fronte.

L’inferma non parla più ma comprende ancora. Ha compreso dolcissime parole di letizia che don Giuseppe, subito dopo il sacramento, le ha dette all’orecchio; ha sorriso, ha cercato Piero con lo sguardo, lo ha visto ritto là davanti, le povere labbra si agitarono a più riprese per parlare, non lo poterono; gli occhi allora dissero tutto, la gioia, la tenerezza, persino un umile ossequio; si alzarono al cielo, ridiscesero; ancora le povere labbra si mossero invano. E a don Giuseppe, che lo guardava, il viso di Piero apparve trasfigurato, non dal dolore, da un’energia spirituale sovrumana, luminosa e muta.

Le ore passano lente, interminabili, brevi soste interrompono il cammino della morte, i medici tentano qualche penosa, inutile difesa; Piero li prega con autorità che lascino il bramoso spirito uscire in pace. Vengono lettere, vengono telegrammi chiedenti notizie, bene auguranti, nè la marchesa nè Piero li voglion vedere, sono messi da parte. Viene dalla stazione, alle cinque di sera, il fattore di casa Scremin col pretesto di prender notizie, in fatto perchè pensa che se la signora muore si avrà bi-