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in luminae vitae. | 417 |
aveva preso bene quello, aveva la sua fisionomia solita. Si stancava col continuo pregare, poveretta. Dopo che ci era stato il signore, non aveva fatto che pregare. Mentalmente, magari; ma si vedeva lo sforzo, povera creatura.
La marchesa osservò che in complesso la notte non era stata cattiva. Avrebbe voluto poter pigliare una messa, la mattina. La chiesa del villaggio era a due passi. A che ora si diceva la prima messa? Meglio non andare a quella di don Giuseppe, per non trovarsi fuori nello stesso tempo. La prima messa si diceva alle quattro e mezzo.
Nessuno trovava parole più, e si fece un silenzio penoso perchè ciascuno sentiva che il colloquio dell’inferma con don Giuseppe pareva lungo a tutti. La finestra, mal chiusa, si aperse a un soffio di vento, furono uditi i gridii confusi. In quel momento il vecchio prete rientrò. Subito la suora si avviò a ripigliare il suo posto e la marchesa non potè trattenere un “dunque, don Giuseppe?„ non potè interamente dissimulare, sul suo povero vecchio viso stanco, l’ansia dell’aspettazione. Don Giuseppe rispose tranquillo:
“Niente, poveretta. Cose di pietà„.
“E che Le pare?„
“Oh, nessun cambiamento. Forse forse un po’ di maggiore debolezza. Vorrebbe avere l’Estrema