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400 | capitolo settimo. |
Voci d’inservienti. Si ritrasse, si chinò macchinalmente a guardare un libro aperto sulla scrivania del Direttore. Hamlet, nell’originale inglese: la scena del teatro. Aperse l’uscio da capo. Dio, quelle cicale! Altre voci; finalmente, la voce del Direttore, la voce di don Giuseppe. Lo prese un tremito, ritornò alla finestra per ricomporsi, si voltò ed ecco davanti a lui, solo, con la gran fronte pia, con gli occhi scuri, solenne e dolce, il vecchio prete. Egli alzò le braccia senza proferir parola, e senza proferir parola Piero aperse le sue, gli si avvinghiò al collo. Don Giuseppe si sciolse il primo dall’abbraccio muto, e tenendo le mani sulle spalle di Piero gli disse a voce bassa che avrebbe trovato l’inferma in uno stato di spirito da non potersi immaginare, sicura di morire, piena di gratitudine verso Dio, di tenerezza per i suoi, e così alta nella espressione di questi sentimenti, così acuta nei riflessi sul suo stato presente e passato, nei consigli a sua madre e a suo padre, nelle osservazioni su quanto si diceva e si faceva intorno a lei! Oh! Una cosa! La voce di don Giuseppe si abbassava così parlando, gli occhi s’ingrandivano, si accendevano, il gesto commosso accompagnava le parole. Si capiva ch’egli era stupefatto di aver trovato una Elisa diversa dalla Elisa conosciuta in casa Scremin.